Morte del neonato: cosa dice la legge
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Morte del neonato: cosa è
La morte del neonato è uno dei casi più delicati da trattare dal momento che determina conseguenze emotive molto forti.
La morte del neonato, come tutti gli altri casi di che comportano il decesso, è sottoposta alla normativa vigente.
Il danno da perdita del “figlio potenziale”
Vi è una differenza di giudizio della Suprema Corte che valutata diversamente il danno a seconda che si parli di:
danno per subito dai genitori per la perdita di un figlio quando si tratta di un soggetto fisico concepito e nato con la propria autonomia di vita,
dal danno subito dalla coppia che è ancora in attesa di diventare genitore.
Nel caso di feto nato morto è ipotizzabile solo il venir meno di una relazione affettiva potenziale
(che, cioè, avrebbe potuto instaurarsi, nella misura massima del rapporto genitore- figlio, ma che è mancata per effetto del decesso anteriore alla nascita)”.
Secondo la Suprema Corte:
La Suprema Corte ritiene, infatti, che la qualità dell’intensità della relazione affettiva con la persona perduta, se si tratta di feto nato morto, sia decisamente più modesta o addirittura inesistente,
data la “non nascita” dell’individuo anche se, ovviamente si è formato nel grembo materno.
Quello che diventa dirimente è l’instaurarsi o meno di un oggettivo rapporto affettivo con i genitori perché si concretizzi un evento di danno importante nella vita dei futuri genitori.
Fatte queste premesse la morte del feto non può essere equiparata a quella di un figlio nato vivo.
Il concetto di nascita
Secondo la recente giurisprudenza per nascita s’intende:
il verificarsi del distacco del feto dal corpo materno con la respirazione spontanea e l’emissione del primo vagito.
In questo caso il “neonato” è un soggetto nato vivo,
se la sua morte si verifica anche pochi istanti dopo la sua nascita, si può parlare di morte del neonato
Il concepito che, invece, una volta estratto dal grembo materno non respira, si considera nato morto, e quindi qualificabile come feto.
Quanto prima enunciato pone una sostanziale differenza tra:
la morte del neonato, alla quale si riconduce la perdita di un rapporto parentale “effettivo”, e
la morte del feto, alla quale si riconduce solo la perdita di una “aspettativa” di rapporto parentale.
Chi può chiedere il ristoro in caso di morte del neonato
In caso di morte di un neonato sono legittimati a chiedere il risarcimento per il danno subito i genitori, i nonni ed eventuali fratelli e sorelle
Si tratta di un risarcimento di natura non patrimoniale di perdita del rapporto parentale che in Italia è regolamentato da sistema equitativo puro;
in pratica è il giudice di merito che con una sua valutazione discrezionale decide il ristoro.
Per cercare di dare omogeneità di giudizi ai vari pareri espressi dai giudici nei Tribunali,
si è sempre cercato di utilizzare criteri standardizzati di quantificazione tramite l’applicazione delle tabelle milanesi.
Le tabelle milanesi di liquidazione del danno in caso di morte del neonato
In punto di liquidazione del danno non patrimoniale,
la Suprema Corte ritiene giusta l’applicazione delle tabelle milanesi per determinare il danno ed il risarcimento successivo.
La tabella milanese, in relazione a ciascun rapporto di parentela, prevede una forbice di valori risarcitori,
stabilendo un importo minimo ed un importo massimo, per consentire di graduare la quantificazione del risarcimento e prendendo in considerazione tutte le circostanze del caso concreto,
ivi compresa la “qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta“.
In caso di morte del neonato, pertanto, la liquidazione del danno viene di regola operata applicando le tabelle milanesi.