Epatite C: tutto quello che bisogna sapere per ottenere il risarcimento
Epatite C da trasfusione
Quando spetta il risarcimento per epatite C da trasfusione.
Il paziente può agire per vie legali al fine di ottenere il risarcimento anche per il danno derivante dall’aver subito l’epatite C o altra infezione contratte a causa di una trasfusione di sangue infetto.
Se il paziente è deceduto possono agire i suoi eredi che possono chiedere, oltre al risarcimento per procurata infezione, anche quello dovuto per danno parentale .
Il diritto al risarcimento si estende al familiare che, a sua volta ha contratto l’epatite da colui a cui è stato iniettato il sangue infetto,
dal momento che la causa è sempre la trasfusione sbagliata, diritto che si estende anche agli operatori sanitari che hanno assistito chi ha contratto l’infezione.
Epatite C da trasfusione chi risarcisce il danno
La responsabilità del danno varia a seconda dei casi e delle circostanze che hanno provocato il contagio di epatite C da trasfusione.
Può essere addebitata a:
- Ministero della Salute per la mancata sorveglianza ed il controllo sulla raccolta e distribuzione del sangue e sui rischi connessi.
- Struttura sanitaria che ha somministrato il sangue o gli emoderivati infetti.
In questo caso la responsabilità del medico è limitata dal momento che il suo compito è quello di riportare nella cartella clinica del paziente i dati identificativi di ciascuna sacca,
controllando, che essa rechi la dicitura dell’ esito negativo ai controlli sierologici obbligatori.
- casa farmaceutica produttrice o importatrice degli emoderivati dal momento che deve rispondere, in via extracontrattuale, per lo svolgimento di un’attività tipicamente pericolosa.
Epatite C da trasfusione: quando va in prescrizione
Dato che le responsabilità possono essere di tre soggetti bisogna dire che il diritto al risarcimento per epatite C da trasfusione
si prescrive in cinque anni se si ritiene che ne siano stati responsabili il Ministero della salute o la casa farmaceutica
in dieci anni nel caso che la responsabilità sia contrattuale e quindi a pagare sia la struttura sanitaria.
Se, però, dal fatto che ha provocato il danno (cioè, la trasfusione sbagliata) scaturisce anche un reato (lesioni colpose, omicidio colposo), la prescrizione è la stessa prevista per il delitto in questione.
Già il Codice civile prevede che la decorrenza non parta dal momento in cui è stato materialmente introdotto il sangue infetto;
la data da tenere in considerazione per cominciare a «far valere» il reato è infatti quella in cui il paziente scopre di avere contratto l’epatite C come conseguenza di una trasfusione.
Epatite C da trasfusione: intervento della Corte di Cassazione sul risarcimento
Ma a ribadire questo concetto c’è stata una recente sentenza della Corte di Cassazione che applicando al caso ciò che prevede il Codice Civile
(qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno»)
ha stabilito che lo Stato deve risarcire per l’epatite C anche se contratta in tempi in cui non si conosceva la pericolosità del virus,
dal momento che spetta sempre alla Pubblica Amministrazione il controllo che il sangue utilizzato non contenga virus.
Quindi secondo la Cassazione, si tratta di omessa vigilanza dei danni conseguenti a epatite e a infezione da Hiv contratte da soggetti emotrasfusi anche se il caso è avvenuto molto indietro nel tempo .